forte belvere/werk gschwent, lavarone (TN)
recupero e valorizzazione
Tecnico incaricato: Francesco Collotti, Milano
Progetto: Francesco Collotti, Valentina Fantin, Giacomo Pirazzoli
Consulente storico: Dott: Lucio Fabi
Progetto grafico e immagine coordinata: arch. Valentina Biorcio
Fotografie: Francesco Collotti, Valentina Fantin
Committente: Comune di Lavarone (Tn)
Impresa esecutrice: Marcolla Restauri Nave S. Rocco (TN)
Finanziamento: Provincia Autonoma di Trento (1° e 4° lotto), FESR Comunità Europea Progetto Leader II G.A.L. Pasubio Vigolana (2° e 3° lotto), Comune di Lavarone (acquisizione, impianti, completamenti)
Anno: 1998-2002
La messa in opera della memoria: il restauro del Forte Belvedere/Werk Gschwent di Lavarone per la realizzazione di un Museo della Grande Guerra.
Costruito sul finire del primo decennio del Novecento su uno sprone di roccia a dominare l’alta Valle dell’Astico, il Forte Belvedere faceva parte di un ampio e moderno sistema di capisaldi realizzati dall’Impero austro-ungarico a protezione del confine col Veneto. Duramente colpito dall’artiglieria italiana nei primi giorni di guerra, il forte ha subito nei successivi vent’anni una seconda distruzione per il recupero di travi, putrelle, cupole e corazze.
Il recupero deve consentire ancora di leggere le modificazioni, le aggiunte e le incertezze che di volta in volta hanno reso questo edificio più interessante e misterioso. La spoliazione conseguente alla cessazione dell’uso militare ha lasciato impronte profonde sui muri, strani vani che possiamo immaginare occupati da fasci di cavi di rame, macchinari, ventilatori, apparecchi delle trasmissioni, tubi ottici per la segnalazione luminosa, pompe idrauliche, isolatori di porcellana. Di tutto ciò resta un mondo fatto di figure in negativo stampate nelle spesse pareti. Per pochi anni, al centro del mondo e delle cronache di guerra, per molti decenni silenzioso oggetto dismesso.
Ma è il risarcimento l’unica vera operazione che oggi il Forte Belvedere accetta: riportare il ferro al Forte ed elaborare e ricomporre la memoria ferita di questo incredibile oggetto. Pesanti lamiere navali opportunamente lavorate e saldate: ferro di forte spessore, acidato e trattato così da rievocare per durezza e per effetti quel mondo di acciaio tipico delle corazzature militari, delle cupole Skoda, delle mitragliatrici che spuntavano dagli scudi posti nei punti adatti a battere l’intorno della fortezza. Il portone rivestito in ferro come la corazza di un guerriero barbarico, la copertura in Rheinzink calandrato e aggraffato con manto erboso mimetico, il rifacimento dei pavimenti in battuto di cemento grezzo oppure in tavole di larice non trattato.
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